Autolesionismo
Autolesionismo Non Suicidario (NSSI)
L'Autolesionismo non suicidario (NSSI) è un fenomeno che negli ultimi anni interessa sempre più gli adolescenti e i giovani. Si caratterizza per la volontà di procurarsi danni fisici in grado di produrre sanguinamento, lividi o dolore. Questi comportamenti non sono necessariamente legati a tentativi di suicidio o desiderio di togliersi la vita.
I comportamenti autolesionistici costituiscono uno dei fattori di rischio per il suicidio/tentativo di suicidio in adolescenza.
Inoltre gli adolescenti con comportamenti autolesionistici, soprattutto se ricorrenti, mostrano con maggior frequenza altri comportamenti “a rischio” (comportamenti sessuali promiscui, abuso di alcool e droghe, abuso di farmaci). L’autolesionismo non suicidario colpisce dall’1,5% al 6,7% dei bambini e adolescenti senza disturbi psichiatrici mentre gli adolescenti con disturbi psichiatrici manifestano più frequentemente episodi singoli (60%) o ripetuti (50%) di autolesionismo non suicidario.
Quali sono le cause?
Spesso questi comportamenti autolesionistici nascono come risposta ad emozioni negative, come ad esempio:
- tensione;
- Ansia;
- Difficoltà interpersonali;
- Forma di autopunizione.
Sebbene nei giovani e negli adolescenti, l’autolesionismo sia legato a comportamenti di imitazione di altri giovani/adolescenti che gli sono vicini (fenomeni di “emulazione tra pari”), nella maggior parte dei casi esso è frutto di una difficoltà nella gestione degli affetti negativi e/o del modo in cui si fronteggiano situazioni stressanti. Sono le cosiddette strategie di “coping”, vale a dire i meccanismi psicologici utilizzati per far fronte a problemi personali ed interpersonali allo scopo di gestire, ridurre o tollerare lo stress.
Di solito l'autolesionismo si manifesta per la prima volta nei giovani di età compresa tra i 12 e i 14 anni mentre la sua frequenza tende a diminuire dopo i 20/25 anni.
Le modalità più comuni di autolesionismo possono essere:
- Procurarsi tagli
- Colpirsi
- Mordersi
- Strapparsi i capelli
- Grattarsi la pelle e provocarsi bruciature
L’autolesionismo può presentarsi come singola manifestazione o può essere associato a disturbi psichiatrici quali:
- Disturbi dell’umore
- Disturbi del comportamento alimentare
- Uso di sostanze
- Disturbi del comportamento
- Disturbi di personalità
Come si cura?
Il trattamento deve essere multidisciplinare, ovvero coinvolgere professionisti di diverse discipline mediche, e quanto più possibile personalizzato sulle necessità del bambino o dell’adolescente e sviluppato in collaborazione sia con il paziente che con i familiari e le altre figure significative di riferimento.
Lo scopo del trattamento è:
1. Prevenire che l’autolesionismo non suicidario evolva in comportamenti suicidari (la cosiddetta escalation);
2. Ridurre e/o eliminare i comportamenti autolesivi;
3. Ridurre e/o eliminare altri comportamenti a rischio;
4. Migliorare il funzionamento sociale, le capacità di adattamento, la qualità di vita e/o le condizioni mediche associate, nel caso in cui siano presenti.

Alcuni interventi psico-sociali che si sono dimostrati efficaci nel ridurre gli episodi di autolesionismo sono al momento la terapia dialettico-comportamentale (DBT) e la terapia di gruppo o individuale per la regolazione emotiva.
Terapia dialettico-comportamentale: consiste in sessioni settimanali per la durata di 1 anno, sia individuali che di gruppo, con uno specialista disponibile 24 ore su 24. Lo psicologo funge da allenatore del comportamento. Lo scopo è quello di aiutare il soggetto a trovare modi più appropriati di reagire allo stress, per esempio resistendo alle pulsioni del comportamento autodistruttivo.
La terapia di gruppo o individuale per la regolazione emotiva è una terapia della durata di 14 settimane che aiuta il soggetto ad essere consapevole, a comprendere e ad accettare le proprie emozioni. Questa terapia aiuta il soggetto ad accettare le emozioni negative che fanno parte della vita e quindi a non reagire a tali emozioni in maniera così intensa e impulsiva.
Nessun farmaco al momento ha mostrato una efficacia specifica per il trattamento dei comportamenti autolesionistici; tuttavia, all’interno di un trattamento multidisciplinare la terapia farmacologica può essere necessaria per il trattamento dei disturbi psicopatologici associati.

Monica Sirotti Psicologa